Siamo quello mangiamo e questa affermazione è verissima se andiamo ad analizzare l’universo batterico del nostro microbiota. Perché? L’esempio più lampante è il microbiota giapponese. Nel corso del tempo questa popolazione, proprio perché ha nella propria cultura l’abitudine di inserire ingredienti come le alghe, è riuscita a adattare anche il proprio intestino, un adattamento che gli ha permesso di digerire appieno le alge e trarne ogni beneficio.
Noi, west culture, non abbiamo questa peculiarità. Ma come è successo? Alcuni batteri intestinali hanno preso in prestito la capacità genetica di digerire le alghe da altri microbi che vivono negli oceani. Questa che vi racconto è la storia (breve) di come questi geni sono stati capaci di emigrare dal mare all’intestino dei giapponesi. Si chiama “horizontal gene transfer”, nel caso giapponese si suppone che con l’abitudine di mangiare le alge nori si sia ingerito anche un batterio che si chiama Zobellia, il quale essendo ghiotto di alghe è anche in grado di trasformare i carboidrati di questi ingredienti marini.
Questa avventura si è trasformata in una relazione di successo così incredibile da far impallidire il Jubilee della Regina: la Zobellia ha donato i suoi geni all’intestino di qualche giapponese (probabilmente millenni fa) e questa capacità positiva nell’universo batterico del microbiota, è stato poi ereditato dalle generazioni successive.
Vi ho raccontato una bella storia che mi porterà a raccontarvi di come il microbiota sia in grado di cambiare…quando viaggia, la cultura culinaria ci modifica -letteralmente- anche da dentro.
Le notizie di prima, se volete approfondire, sono su National Geographics > https://www.nationalgeographic.com/science/article/gut-bacteria-in-japanese-people-borrowed-sushi-digesting-genes-from-ocean-bacteria
Viaggiare fa bene all’intestino
Abbiamo scoperto nella puntata precedente che esiste un trasferimento orizzontale genetico che interessa il microbiota dell’intestino e i giapponesi ne hanno tratto beneficio. Ma Può succedere anche a noi? In che modo? Quando viaggiamo c’è sempre un impatto anche sul nostro intestino, perché quello che mangiamo è differente e sono differenti anche i microbiota delle persone che vivono in luoghi diversi dal nostro.
Si è scoperto infatti che l’acquisizione dei geni con il “trasferimento orizzontale” permette che il microbiota guadagni nuove funzionalità e si adatti a nuovi ambienti e cambiamenti. Lo ripeto, siamo ciò che mangiamo, nel senso che la popolazione che abita il nostro intestino è influenzata dal nostro stile di vita in generale e pertanto se questo cambia, cambia anche il microbiota.
In generale se si acquisiscono nuovi “geni” (ripensiamo all’esempio della Zobella ovvero il batterio che ha permesso ai giapponesi di digerire le alghe perché lui era già capace di farlo) si aumenta tipicamente la stabilità globale del microbiota, e quindi per proprietà transitiva aumentano la resistenza di tutta la comunità, ad esempio la resistenza a determinati patogeni o la capacità di assorbire meglio determinati cibi.
Quando viaggiamo siamo più esposti a questi trasferimenti, quado ci trasferiamo in un altro paese con una cultura alimentare differente dalla nostra traiamo vantaggi nella funzionalità del nostro microbiota, viaggiare fa sempre bene e adesso sappiamo che fa bene anche all’intestino.
Voi a questo punto direte: mica sempre! È vero, viaggiando si va anche incontro a dei patogeni che non abbiamo mai incontrato prima, situazioni che mettono sotto sopra l’equilibrio del nostro microbiota, ma è possibile evitarlo preparandoci prima. Come? Ad esempio preparandoci prima del viaggio con degli integratori a base di specifici ceppi prebiotici e probiotici che ci aiutano a fare in modo che il nostro intestino sia più resiliente nei confronti di qualche patogeno bullo che vorrebbe rovinarci il viaggio. n commercio ne esistono diversi, specifici per il viaggio, da assumere prima della partenza. E via che si va!
Microbiota, città e inquinamento.
Il microbiota intestinale può essere influenzato da molti fattori, tra cui dieta e stile di vita. Le persone che migrano verso società più industrializzate tendono a mostrare cambiamenti nella composizione e nella diversità del loro microbiota. Questo significa che il trasferimento orizzontale è più frequente dove c’è più gente, tipicamente nelle città o, più in generale, nei paesi maggiormente industrializzati. Da un certo punto di vista questo è buono, nel senso che il microbiota è fatto per evolvere e adattarsi, ma sappiamo bene che là dove c’è maggiore industrializzazione e concentrazione di persone, c’è anche più inquinamento. Un esempio di questo trasferimento orizzontale negativo è la tendenziale crescita dell’antibiotico resistenza, è un fenomeno che ha diverse chiavi di lettura, ma sempre di batteri e della loro capacità di “fare qualcosa” si tratta. Alcuni studi suggeriscono che l’inquinamento dei mari e la sempre più elevata presenza di microplastiche sia la causa di una maggiore tendenza all’antibiotico resistenza nelle popolazioni che vivono vicino a coste inquinate, sempre per rimanere in tema marino, dato che sono partita dal batterio che permise ai Giapponesi di digerire le alghe. Questa interazione tra la nostra popolazione batterica (che porta a un tesoretto di geni definito), le persone e l’ambiente esterno influisce immensamente sul nostro stato di salute e sulla nostra capacità di reazione ai patogeni. Quando si parla di transizione verde e un uso cosciente e sostenibile delle risorse, si parla anche di salute personale e pubblica. Riflettiamoci.